Trappole cognitive – Puntata 7 – Valutazione dei costi del software “intrappolata”.

In quest’ultima puntata sul tema delle trappole cognitive usciremo dall’ambito della gestione dei rischi per entrare nell’area degli approvvigionamenti di software sul mercato.

I modelli di costo del software sono rilevanti in quanto influenzano l’allocazione del budget su singoli progetti, gare, contratti e infine influenzano la qualità delle relazioni cliente-fornitore. A volte gli esperti che creano i modelli di costo per il software introducono nei modelli stessi alcuni pregiudizi che possono influenzare la qualità della correlazione tra le variabili considerate. Questo viene fatto in assenza di consapevolezza a causa dell’effetto dei bias cognitivi, alcuni dei quali abbiamo ormai imparato a riconoscere.

Le scienze cognitive hanno dimostrato che anche i migliori esperti nel pieno delle loro facoltà possono essere influenzati da pregiudizi cognitivi, non si tratta di fenomeni “da pivelli” legati all’inesperienza. Anche nel management del software, dunque, l’intuizione è talvolta offuscata da pregiudizio, tendenza alla conferma, fiducia eccessiva, pensiero di gruppo, attenzione alla disponibilità, framing.

Il pregiudizio è una relazione causa-effetto predefinita, basata spesso su iper-generalizzazioni, che non necessita di test, validazione, adattamento per essere considerata vera dal suo “proprietario”.

La tendenza alla conferma è la tendenza a prestare un’indebita attenzione alle fonti che confermano le nostre convinzioni esistenti, ignorando le fonti che sfidano le nostre credenze. Una volta elaborata una teoria, tendiamo a cercare conferme anziché fatti inspiegabili.

La tendenza all’eccesso di fiducia è la tendenza a sopravvalutare le proprie capacità. Questo può portare a ignorare alcuni fattori nel modello solo perché non pensiamo che potremmo essere influenzati personalmente da quei fattori.

Il pensiero di gruppo è un fenomeno psicologico che si verifica all’interno di un gruppo di persone in cui il desiderio di armonia o conformità provoca un risultato decisionale irrazionale o disfunzionale, inibendo il pensiero critico per evitare conflitti. Questo può accadere anche a persone che non si conoscono, ma che appartengono a una comunità governata da opinion leader ed esperti riconosciuti. È molto difficile per chiunque nuotare contro il flusso.

L‘attenzione alla disponibilità è la tendenza a consentire a informazioni più facili da ricordare o reperire, di influenzare indebitamente preconcetti o giudizi. Usiamo nei modelli i parametri che sono i più facili da misurare, da trovare, indipendentemente dalla rilevanza che hanno realmente.

Infine, il framing è la tendenza a reagire in modo diverso a situazioni fondamentalmente identiche ma presentate (o inquadrate) in modo diverso.

Tutti questi pregiudizi cognitivi possono indurre a costruire un modello che potrebbe essere poco rappresentativo della realtà. L’unico modo per sapere se questo succede è “correggere” il ragionamento con approcci specifici eventualmente supportati da dati empirici.

Prendiamo, ad esempio, la produttività associata a un progetto di manutenzione evolutiva funzionale rispetto a un nuovo progetto di sviluppo. Ognuno di noi ha una sua opinione o predisposizione soggettiva basata sul vissuto e che tendiamo a generalizzare. Alla domanda: è più produttivo un progetto di sviluppo di software ex-novo o uno di manutenzione evolutiva funzionale di un software esistente ? tendiamo a rispondere in base alle nostre (limitate) esperienze dirette o alle esperienze surrogate di chi stimiamo. Se entrambe le ipotesi sono legittime (e lo sono in base alle condizioni specifiche) cosa è vero o almeno più frequentemente vero sul mercato? La cosa giusta da fare per saperlo è raccogliere dati e ricavare inferenze basate sulle statistiche. La cosa più frequente che è stata fatta in passato è l’applicazione dei pregiudizi cognitivi illustrati in precedenza.

L’idea iniziale che la modifica e l’eliminazione delle funzionalità dovrebbe essere associata a una misura funzionale inferiore, se confrontata con l’operazione di aggiunta di nuove funzioni, è stata supportata da un documento NESMA (Netherlands Software Metrics Users Association). La fonte del documento è altamente affidabile e l’approccio è stato adottato per un po’ anche da IFPUG (International Function Point User’s Group), che gli ha dato una benedizione “istituzionale”. Ciò ha favorito il fenomeno del pensiero di gruppo nella comunità di praticanti e la conseguente tendenza alla conferma che ha poi portato al pregiudizio.

Quindi, almeno in Italia – che è uno dei paesi più avanzati nell’uso della dimensione funzionale nei contratti – la proposta di dimensionamento è stata trasformata in una proposta di prezzo che ha assegnato a una funzione modificata (Changed) uno sconto rilevante (50%) e ad una funzione eliminata (Deleted) un enorme sconto (90%).

L’idea, inquadrata in un framing opportuno, era ragionevole e di conseguenza “attraente” per i professionisti. Questo approccio, a sua volta, è diventato un “precedente” per tutti i contratti successivi (di nuovo una propensione al framing e al conformismo di gruppo). Non sono mai state fornite prove empiriche a supporto di questo approccio, ma è diventato stabile come una roccia.

La situazione specifica ha un impatto enorme sui mercati e sui contratti di esternalizzazione (nell’ordine di centinaia di milioni di euro solo per la PA centrale). Si consideri che “l’approccio di sconto” per le iniziative di miglioramento può generare intorno alla metà dei ricavi (per i fornitori) rispetto all’assunzione neutrale (cioè che la manutenzione abbia lo stesso costo dello sviluppo ex novo) e anche meno del 50% dei ricavi rispetto all’assunto opposto (cioè che il costo della manutenzione è superiore a quello dello sviluppo ex novo).

Studi condotti sui dati ISBSG (International Software Benchmarking Standards Group) hanno mostrato, con adeguata certezza, che è vero l’assunto contrario: i progetti di manutenzione evolutiva funzionale richiedono più lavoro di quelli di sviluppo ex novo a parità di function point rilasciati.

Si tratta, quindi, di un caso in cui l’insieme dei bias cognitivi precedentemente citati si sono stratificati e consolidati creando una distorsione e sottovalutazione dei contratti software pubblici per almeno una decina di anni. Il fatto che i contratti siano stati assegnati e accettati nella realtà non dimostra che l’approccio sia giusto o sostenibile in quanto accade spesso che, per pareggiare i conti, vengano individuate “partite compensative” che tolgono trasparenza alle forniture.

Come abbiamo visto, una svista cognitiva può avere ricadute economicamente rilevanti ed è il motivo per cui comprenderle e combatterle val sempre la pena di farlo.

Per ora il nostro viaggio nelle scienze cognitive applicate termina qui. Grazie a chi mi ha seguito e incoraggiato a continuare.

Chissà che alla prima stagione “pilot” non ne possano seguire altre…

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